A partire dal 1958 Lucio Fontana iniziò la realizzazione di un ciclo di opere che sarà tra i più dibattuti e controversi della storia dell'arte: i tagli. In effetti si dovrebbe usare il termine "Concetto Spaziale - Attesa" o "Concetto Spaziale - Attese" - a seconda che l'opera presenti uno o più tagli - visto che questo è il titolo che l'artista ha dato a questi lavori.
Oggetto di critiche negative, facili ironie, interpretazioni molto fantasiose, i tagli sono una di quelle opere d'arte liquidate con una scrollata di spalle e la tipica frase:"lo potevo fare anch'io". Vengono etichettati subito come una "trovata", cosa che succede spesso quando si parla di arte contemporanea. Ovviamente ciò è dovuto ad ignoranza e superficialità: chi commenta i tagli di Fontana non ne conosce mai la genesi, il significato, la tecnica con la quale sono stati eseguiti.
Lo scopo di questo testo non è quello di esporre il significato di queste opere; qui vengono sfatati luoghi comuni e convinzioni errate riguardanti queste i Concetti spaziali, che sono tra le più importanti, rivoluzionarie e geniali opere d'arte del secolo scorso. Lucio Fontana con i tagli ha rivoluzionato l'arte, introducendo la tridimensionalità fisica nella pittura.
Andiamo quindi a confutare le più comuni affermazioni riguardanti questi lavori.
Falso. L'artista scrive nel 1946, a Buenos Aires, il cosiddetto "Manifiesto Blanco", dove si iniziano a delineare le urgenze di un superamento dell'arte come sino ad allora concepita e ormai "stagnante", inserendo le dimensioni del tempo e dello spazio. Al "Manifesto Blanco" segue il "Primo manifesto dello Spazialismo" del 1947, frutto di incontri e conversazioni che Fontana ebbe con giovani artisti e critici italiani. A questo segue il "Secondo manifesto dello Spazialismo" del 1948.
Solo dopo la stesura di questi testi Fontana iniziò, con i buchi, il percorso che lo ha portato ad introdurre nella pittuta uno spazio fisico. I buchi racchiudono già questa idea di fondo, e la loro evoluzione è rappresentata proprio dai tagli. I Concetti Spaziali sono quindi preceduti da ben tre manifesti teorici. Una riflessione così ampia è quanto di più lontano ci sia dalle solite "invenzioni stravaganti" che fanno capolino a volte nell'arte contemporanea.
Falso. Lucio Fontana era diplomato in scultura all'Accademia delle Belle Arti di Brera, era uno degli allievi prediletti di Adolfo Wildt, scultore di levatura mondiale e dal 1926 titolare della cattedra di Plastica e Figura all'Accademia di Brera. Fontana è stato uno scultore di immenso talento e bravura, vincitore di diversi concorsi pubblici in Italia e in Argentina, docente di modellato alla Escuela de Artes Plásticas di Rosario de Santa Fe e decorazione all'Academia de Bellas Artes "Prilidiano Pueyrredón" di Buenos Aires.
Un artista, in buona sintesi, in possesso di genio e perizia tecnica. L'approdo alla pittura ed ai tagli non è quindi stato sicuramente dettato dalla necessità di trovare qualcosa di "facile da fare".
Falso. Il maestro non era dedito a vizi costosi, aveva uno stile di vita agiato ma sicuramente non sopra le righe e, anche quando i tagli hanno iniziato ad ottenere il riconoscimento del mercato, ha continuato a realizzarne pochissimi. Nell'arco di 10 anni l'artista ha realizzato 1500 tagli, ovvero la media di meno di un'opera ogni due giorni. Fontana non ha mai avuto assistenti, a parte la giapponese Hisachika Takahashi, che lo aiutò nel suo lavoro dal 1964 al 1968 e che, in ogni caso, non si sostituì mai all'artista nell'esecuzione del gesto di tagliare la tela.
Il genio di Rosario confessò a Giorgio Bocca che sarebbe stato soddisfatto degli introiti derivanti dalla vendita di due tagli al mese. La maggior parte delle opere sono state realizzate dietro le insistenti richieste di collezionisti, mercanti e galleristi. Dopo un periodo iniziale di scetticismo, nel quale i Concetti Spaziali rimanevano invenduti anche se proposti a poche migliaia di lire, i tagli divennero un vero e proprio oggetto di culto, e raggiunsero quotazioni ragguardevoli.
Se Fontana avesse voluto arricchirsi, avrebbe potuto assumere degli assistenti. Una volta imparata la tecnica, per gli assistenti sarebbe stato semplice eseguire in serie queste opere, e dallo studio dell'artista sarebbero potuti uscire senza difficoltà svariate migliaia di Concetti Spaziali.
Tra le altre cose, è noto che il maestro ha regalato molte di queste opere a giovani colleghi, pur sapendo che nella maggior parte dei casi sarebbero state immediatamente vendute, ed ha acquistato molte opere di questi giovani artisti per incoraggiarli a proseguire nelle loro ricerche.
Falso. Provate ad andare in un negozio di materiali per artisti ed acquistate una tela della migliore qualità. Poi procuratevi un taglierino Stanley (la stessa marca usata da Fontana). Fatto questo, fate un taglio orizzontale sulla tela. Volete sapere quale sarà il risultato? Una tela non piatta e senza tensione. Il taglio si aprirebbe eccessivamente ed avrete una superficie molle e cascante. Un risultato molto diverso da quello che sapeva ottenere il maestro argentino.
Il motivo va ricercato nel fatto che Fontana, per realizzare queste opere, ha utilizzato degli accorgimenti di carattere tecnico per nulla banali, e che sono stati affinati nel tempo.
L'artista di Rosario per le sue opere sceglieva sempre tela di lino belga, perchè dopo diversi tentativi constatò che era la più indicata per queste opere. Prima di essere colorata, la superficie veniva preparata con una stesura di colore bianco di cementite sia sul recto che sul verso, per via della sua resistenza e versatilità, e come legante venivano adoperate resine alchidiche. La tela veniva poi fissata al telaio per mezzo di chiodi alternati a punti metallici che dovevano tenerla in tensione.
Il fronte della tela veniva poi colorato: Fontana sperimentò varie soluzioni, dalla pittura a olio all'anilina, anche se il suo materiale più famoso è l'idropittura. La scelta dell'idropittura, che divenne preponderante nelle ultime fasi della carriera dell'artista, era dovuta ad alcune caratteristiche essenziali di questo materiale, in particolare la sua tendenza ad asciugare velocemente e la sua capacità di garantire una superficie liscia, tale da far sì che non si vedessero le linee delle pennellate.
Il maestro doveva poi fare un'ulteriore considerazione: bisognava scegliere l'esatto momento di asciugatura della tela. Il taglio veniva infatti effettuato prima che la tela si asciugasse completamente, perché una superficie troppo secca avrebbe contratto la tela creando problemi al taglio. Una volta eseguito il taglio, l'artista applicava sul retro delle strisce di robusta e spessa garza nera in modo che non si vedesse il muro dietro il dipinto. Venivano fatte aderire con colla Vinavil spalmata dietro i due lembi del taglio, e avevano anche una funzione che potremmo dire statica, dal momento che rinforzavano la struttura dell'opera (la garza bloccava infatti la deformazione dei bordi del taglio).
Inoltre, il nero della teletta aveva anche una funzione prettamente concettuale (“quando io mi siedo davanti a uno dei miei tagli, a contemplarlo", avrebbe detto l'artista, “provo all'improvviso una grande distensione dello spirito, mi sento un uomo liberato dalla schiavitù della materia, un uomo che appartiene alla vastità del presente e del futuro").
I bordi dello squarcio venivano poi aggiustati a mano in modo che assumessero la caratteristica forma leggermente concava che distingue pressoché tutti i tagli di Lucio Fontana: si trattava di un'operazione necessariamente manuale, dal momento che i lembi, con la sola incisione del taglierino, non finiscono certo per avere la forma che vediamo nell'opera finita.
Da adesso, quando sentirete qualcuno commentare un taglio di Fontana con ironia e superficialità, tacciando il genio argentino di furbizia, potrete fargli leggere questa pagina.
Ecco alcuni dei Concetti Spaziali più famosi; sono tra l'altro quelli che hanno ricevuto il maggior riscontro dal mercato.